III Domenica di quaresima anno B

LECTIO  SUL VANGELO DELLA 3° DOMENICA DI QUARESIMA B

Signore, tu hai parole di vita eterna.

La legge del Signore è perfetta,rinfranca l’anima;

la testimonianza del Signore è stabile, rende saggio il semplice.         I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore;      il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro, rimane per sempre;

i giudizi del Signore sono fedeli, sono tutti giusti.

Più preziosi dell’oro, di molto oro fino,

più dolci del miele  e di un favo stillante.

 

Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile:

Non avrai altri dèi di fronte a me.

Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.

Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo.

Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.

Non ucciderai.

Non commetterai adulterio.

Non ruberai.

Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.

Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

 

 + Dal Vangelo secondo Giovanni

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».

Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.

Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

MEDITAZIONE BIBLICA

«Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!» (Gv 2,16). Questo è il duro giudizio di Gesù sul tempio di Gerusalemme e su coloro che vi entrano e lo abitano con un atteggiamento radicalmente sbagliato. Quelle di Gesù sono in Giovanni parole diverse rispetto al racconto dei Sinottici. Gli altri evangelisti concordano nel mettere sulla bocca di Gesù una duplice citazione scritturistica, che combina insieme Is e Ger . Leggiamo ad esempio in Matteo: «La mia casa sarà chiamata casa di preghiera (Isaia 56, 7). Voi invece ne fate un covo di ladri (Geremia 7, 11.)» (Mt 21,13). Ciò che in Giovanni preoccupa Gesù, l’anima profonda dello zelo che lo divora, non è semplicemente purificare il tempio da una contaminazione (non fate della mia casa un covo di ladri), ma salvaguardare il volto stesso del Padre. Infatti, fare del tempio un mercato significa fare di Dio un mercante. Ma Dio non è un mercante, è il Padre, e se Dio è il Padre il luogo dove dimora non è un mercato, ma una casa. Nella casa di un mercante o di un padrone, infatti, ci si sta da ‘servi’ o da ‘schiavi’; nella casa del Padre si dimora invece da ‘figli’. E figlio è colui che sa di ricevere tutto dalla gratuità del Padre, senza bisogno di mercanteggiare, di comperare o di vendere, vincendo la tentazione di ridurre il rapporto con Dio a uno scambio di beni materiali o spirituali.

Si tratta cioè di vincere l’atteggiamento servile o mercantile di chi pensa di dover vivere il proprio rapporto con Dio nei termini di un sacrificio. Devo sacrificare me stesso per riparare i miei peccati. Gli agnelli o i colombi con tutte le altre vittime sacrificali che gli offro sostituiscono o sono comunque segno del sacrificio della mia vita. Il gesto di Gesù rivela al contrario che Dio non vuole il nostro sacrificio, cioè la nostra sofferenza riparatrice, ma la nostra obbedienza. “Non hai chiesto né olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: Ecco io vengo . . . per fare la tua volontà”(Salmo 40). Infatti, il vangelo di Giovanni, a differenza dei Sinottici, cita la presenza nel tempio di pecore e di buoi. Lo fa peraltro con insistenza, per due volte, al v. 14 e al v. 15 (gli altri evangelisti ricordano soltanto i venditori di colombe). Al capitolo primo Gesù è stato già mostrato da Giovanni il Battista come l’agnello di Dio; nel momento in cui il vero e unico Agnello entra nel tempio, tutte le altre vittime sacrificali non servono più, debbono essere cacciate via, perché ora a mediare l’incontro tra Dio e l’uomo non sono più i sacrifici animali, ma è l’unico vero agnello immolato per noi, il Figlio unigenito del Padre. Non siamo più noi a dover offrire qualcosa a Dio, ma è Dio che offre il proprio Figlio – il vero Agnello pasquale – per la salvezza di tutti.

             In Giovanni, più che di una purificazione del tempio, bisognerebbe perciò parlare di una purificazione del nostro cuore e del nostro modo di vivere la relazione con Dio. Siamo infatti chiamati a

compiere questa conversione radicale: da una vita da servi a una vita da figli. Una conversione, tuttavia, che non è esito del nostro sforzo, ma del dono della Pasqua di Cristo che libera la nostra esistenza. Di fronte all’incomprensione dei Giudei, Gesù reagisce affermando: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Ciò che voi distruggete, il mio corpo, io lo rinnoverò, lo condurrò a una nuova vita. Se gli uomini si rendono incapaci di vivere con Dio in una relazione di gratuità e di amore, Dio risponde donando egli stesso in Gesù, in modo gratuito, il suo amore e la sua grazia.

Questo i discepoli del Signore lo potranno comprendere  soltanto dopo la Pasqua. Solo allora capiranno profondamente quel versetto del Salmo 69 che adesso ricordano, ma senza poterlo interpretare in tutta la sua profondità. «I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà»( Salmo 69,10). Così è Gesù il vero agnello pasquale di Dio che nel suo amore si lascerà “divorare”, cioè consumare totalmente, fino alla morte. In questo modo egli farà risorgere il tempio di Dio in mezzo agli uomini. Ora egli sarà nel suo corpo il Tempio definitivo, il Sacerdote modello di ogni credente e l’unica vera Vittima. Un agnello non offerto dagli uomini a Dio, per conquistarsi il suo favore, ma donato da Dio stesso agli uomini, per perdonare il loro peccato.

Oggi per noi cristiani il vero sacrificio è spirituale e consiste nel fare memoria di ciò che nel suo Figlio il Padre ha già fatto per noi. A noi non resta che accogliere, ricordare, ringraziare, cioè fare eucaristia nel sacramento del corpo e del sangue dell’Agnello immolato sulla croce. Così la nostra esistenza risorge a un significato nuovo, impariamo a stare come veri figli ed eredi davanti a Dio.

Allora cambia anche il nostro modo di osservare i comandamenti e in particolare le Dieci Parole di vita donate a Mosè sul Sinai (prima lettura). Comprendiamo che la nostra vita è la chiamata ad essere non l’obbedienza dei servi o degli schiavi, ma dei figli, che custodiscono la Parola del Padre per conservare stabilmente il dono della sua libertà. Il primo infatti è il comandamento fondamentale, di cui gli altri sono solo corollario: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me». Ciò che Dio ci chiede è di credere che lui ci ha gratuitamente liberati; osservare tutti gli altri comandamenti ci consente di non perdere, ma di custodire il dono di una libertà gratuitamente ricevuta. Un dono checi fa continuamente vivere il passaggio da servi a figli, in un cammino di assimilazione all’umanità gloriosa del Figlio di Dio, Gesù Cristo.

 

PER LA RIFLESSIONE PERSONALE

+ Qual è il nostro rapporto profondo verso Dio: servitori timorosi, stipendiati a contratto o veri figli?

 

+ Che cosa sappiamo offrire a Dio: delle cose a cui rinunciare, delle buone azioni per dovere, oppure l’obbedienza e la fedeltà del nostro cuore di figli?

+ Nell’eucarestia ci sentiamo un vero popolo di sacerdoti celebranti, cioè figli di Dio pronti ad offrire noi stessi con Cristo per la salvezza del mondo?

 

PREGHIAMO

Signore nostro Dio, che riconduci i cuori dei tuoi fedeli all’accoglienza di tutte le tue parole, donaci la sapienza della croce, perché in Cristo tuo Figlio diventiamo tempio vivo del tuo amore. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

 

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