Lectio Divina Quarta domenica di Quaresima
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,14-21)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». Parola del Signore
Nicodemo
Deriva dal nome greco antico Nikodemos, composto da νικη (nike, “vittoria”) e δημος (demos, “il popolo”); il significato può dunque essere “vittoria del popolo”, “vincitore del popolo” o “vincitore fra il popolo”. È venerato come santo e insieme a S. Giuseppe di Arimatea si celebra la loro festa il 31 agosto.
Nicodemo è menzionato solo nel Vangelo secondo Giovanni, in cui compare tre volte:
- ascolta l’insegnamento di Gesù (3,1-21)
- interviene in sua difesa quando i Farisei vorrebbero farlo arrestare (7,45-51).
Calma ragazzi, siamo saggi, pensiamo un attimo –
vogliamo sentire questo Gesù prima di condannarlo.
- aiuta Giuseppe d’Arimatea a deporre il corpo di Gesù nella tomba (19,39-42)
Era un fariseo, Dottore della Legge e membro del Sinedrio (=assemblea; supremo organo giudiziario ebraico di Gerusalemme; Il Sinedrio era formato tradizionalmente da 71 membri);
Nicodemo rappresenta il gruppo dei Giudei che, pur avendo visto i segni compiuti da Gesù e nonostante la loro sapienza religiosa non comprendono.
Prima Pasqua, anno 28 della nostra era, Gesù era venuto a Gerusalemme operando vari miracoli.
Nicodemo impressionato da ciò, lo va a trovare di notte per un dialogo amichevole. Il Vangelo che trattiamo è solo la seconda parte del dialogo notturno. L’intero terzo capitolo di Giovanni costituisce il colloquio di Gesù con Nicodemo.
Possiamo notare da questo dialogo i seguenti:
- Nicodemo rivela grande delicatezza: si rivolge a Gesù con rispetto e lo chiama Rabbi
- Aveva bisogno di sapere ma il suo modo di pensare e di argomentare è ancora poco soprannaturale tuttavia umanamente nobile
(Acqua e Spirito = Battesimo; nascere dall’alto e nascere di nuovo)
- La visita notturna, per timore dei Giudei (Gv19,39), è ben comprensibile dato il suo status di membro del sinedrio; comunque, si espone al rischio e va da Gesù.
Nell’ultimo episodio troviamo Nicodemo sul Golgota insieme a Giuseppe d’Arimatea, che contribuisce alla Deposizione di Gesù dopo la crocifissione e aiuta a deporne il cadavere nella tomba (Gv 19,39-42). Egli porta “una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre” per la preparazione del corpo di Gesù (Gv 19,39), una grande quantità, pari a circa 30 kg di oggi; in quel tempo la quantità indicata era utilizzata per la sepoltura di un re.
Il serpente innalzato nel deserto (vv.14-15)
Gesù rivela che il piano salvifico del Padre prevedeva la sua morte in croce. Il serpente di bronzo innalzato da Mosè sul palo nel deserto di Punon (Nm 21,4-9; Es 33,42) era simbolo di salvezza come si racconta nel libro dei Numeri (Nm 21, 4-9) e prefigurava la crocifissione del Figlio dell’uomo; era il rimedio indicato da Dio per guarire gli Israeliti dai morsi letali delle vipere. Chi guardava il serpente innalzato nel deserto evitava la morte, così chi guarda con l’occhio della fede il Crocifisso (=crede in lui) avrà la vita eterna. Nel buon ladrone questa potenza salvifica della Croce diviene attuale e operante – l’uomo riconobbe nel Crocifisso il re d’Israele, il Messia, che gli promette di portarlo immediatamente con sé in paradiso quel medesimo giorno.
Dio ha mandato il Figlio nel mondo (v.16)
Il mondo è usato da Giovanni in due sensi diversi.
- Mondo è l’insieme degli uomini che Dio ha tanto amato da mandare il suo Figlio a salvarli (Gv3,16) e per i quali Gesù offre la propria vita (Gv6,51).
- Mondo è anche l’insieme delle forze ostili che si oppongono a Dio e al suo disegno. Il mondo non può odiare voi ma odia me, perché di lui io attesto che le sue opere sono cattive (Gv7,7). Nei discorsi di addio prevale questo secondo significativo negativo.
Nell’amore è Dio a prendere iniziativa. Chi ama per primo ama di più. La grandezza dell’amore può essere misurata dal valore del dono offerto e Dio offre agli uomini ciò che per lui vale di più, ciò che maggiormente ama, il proprio Figlio: Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito (Gv3,16), colui che prediligeva sopra ogni altra cosa, il termine di tutte le sue compiacenze (cf. Mt3,17).
L’amore supremo culmina nel sacrificio della Croce. Dio fermò il braccio di Abramo mentre questi si accingeva a sacrificare il suo unico figlio ma non trattiene il braccio di coloro che inchiodano alla Croce il Figlio suo unigenito. Perciò san Paolo pieno di speranza può esclamare: Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio… come non ci donerà ogni cosa insieme a lui? (Rm8,32).
Dinanzi all’amore così grande di Dio, l’uomo deve sentirsi obbligato a corrispondere, a vivere questa grande verità: Amore con amor si paga.
Per la riflessione personale:
- La scoperta della propria miseria. Israele è infedele (1 Lettura – 2Cron 36,14), noi siamo morti per i nostri peccati (2 Lettura – Ef 2,5), il mondo fa il male e odia la luce (Vangelo – Gv 3). Contro ogni orgoglio o autosufficienza è necessario riacquistare il senso del peccato. Come vivi la coscienza del proprio limite e della propria miseria? Come ti avvicini all’amore di Gesù Cristo?
- La scoperta della misericordia e dell’amore di Dio. Israele può ritornare nella sua terra dopo l’esilio (1 Lettura – 2Cron 36,22-23), noi riviviamo in Cristo (2 Lettura – Ef 2,5), il Padre ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché il mondo si salvi (Vangelo – Gv 3,16). Cosa pensi di queste parole: Credere nel Figlio crocifisso significa credere che l’amore è presente nel mondo e che questo amore è più potente di ogni genere di male in cui l’uomo, l’umanità e il mondo sono coinvolti (S. Giovanni Paolo II, Dives in misericordia, n.7).
Preghiamo
O Dio, ricco di misericordia,
che nel tuo Figlio, innalzato sulla croce,
ci guarisci dalle ferite del male,
donaci la luce della tua grazia, perché, rinnovati nello spirito,
possiamo corrispondere al tuo amore di Padre.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.